Il nuovo contesto economico e finanziario completamente ridisegnato dagli effetti della pandemia da Covid19, sta facendo emergere nuove modalità di riciclaggio di proventi derivanti da attività illecite attraverso canali alternativi rispetto a quelli tradizionali. Partiamo dalla figura del riciclatore rispondendo ad una domanda: chi ricicla il denaro è solitamente un criminale? Vediamo perché non sempre vero.
Sommario
Il riciclatore: una persona apparentemente rispettabile
Non esistono soggetti predisposti al riciclaggio del denaro. Il riciclaggio può essere commesso da individui o da organizzazioni criminose sia che svolgano un’attività economica oppure no. Le attività di riciclaggio possono essere svolte anche da persone insospettabili e professionalmente affermate. Il sociologo Edwin Sutherland nel 1939 definì il “white collar crime” (il crimine dei colletti bianchi”) come quello “commesso da una persona rispettabile e di alto status sociale nel corso della sua attività”.
Sopravvive solo la specie che si adatta al cambiamento
Per effetto della pandemia da Covid 19 sono mutati gli orizzonti dell’economia e dei mercati. Si sono imposte nuove dinamiche di consumo e si sono definiti nuovi format relazionali. Tant’è vero che si comincia a parlare di shut in economy, l’economia legata all’isolamento a causa del Coronavirus.
A fronte di questi cambiamenti anche il fenomeno del riciclaggio si sta adattando ai nuovi scenari, forte della sua immediata capacità di reazione.
Convivono nuove e vecchie strategie di riciclaggio
Il fenomeno del riciclaggio nasce anche dalla continua ed incessante ricerca delle forme più innovative per “lavare” il denaro sporco, senza però rinunciare alle forme più tradizionali di reimpiego dei proventi derivanti dalle attività illecite. Una sorta di utilizzo simultaneo di vecchie e nuove strategie che esaltano la poliedricità del fenomeno. Ai tempi del Covid19 il riciclaggio utilizza canali alternativi che aumentano in maniera esponenziale il rischio di quelli che sono tradizionalmente considerati come “beni rifugio”: oro, metalli preziosi, diamanti e oggetti d’arte. Vediamo di analizzarli nel dettaglio.
L’oro nella mira degli investitori
Mentre il Coronavirus semina incertezza, le banche centrali stampano denaro a ritmo incessante, il lingotto è tornato nel mirino degli investitori (fonte Sole 24Ore on-line del 14 aprile 2020) dopo un periodo (metà marzo 2020) di vendite dettate dalla necessità di compensare perdite o margin call su altri asset. Il fatto che l’oro abbia ritrovato vigore al punto di raggiungere quota 1800 dollari l’oncia non deve far pensare che i riciclatori di denaro sporco, abbiano perso di vista uno dei beni-rifugio per eccellenza, animati dalla necessità di piazzare l’esubero di liquidità. In Thailandia ad esempio a metà del mese di aprile 2020 ci sono state le file fuori dai negozi per vendere collane, anelli e bracciali per parare il colpo della crisi economica indotta dalla pandemia mondiale.
Il mattone regge l’urto del virus
In una situazione di emergenza e di incertezza come quella attuale il mercato immobiliare torna ad essere appetibile per gli investitori e tra questi c’è la criminalità organizzata. In periodi di difficoltà economica gli immobili costituiscono un investimento interessante in quanto non soggetti alle fluttuazioni monetarie. Fino a qualche settimana fa non c’erano grandi differenze di costo tra un mutuo a tasso fisso ed uno a tasso variabile. Oggi si assiste al paradosso che i tassi fissi in alcuni casi, risultano più bassi rispetto a quelli variabili (fonte Sole 24 Ore on-line del 2 aprile 2020). L’aumento della domanda di immobili (dovuta al calo del prezzo del denaro), produce il rialzo dei prezzi e la criminalità organizzata può rivendere realizzando addirittura un surplus rispetto al prezzo di acquisto.
L’arte non perde appeal
Secondo uno studio di Arts Economics, nel 2018 il mercato globale dell’arte ha raggiunto un valore complessivo di 67.4 miliardi di dollari segnando un +6% sul 2017.
Il mercato dell’arte e degli oggetti da collezione attrae da sempre gli investitori che desiderano diversificare il proprio portafoglio di attività. È uno dei settori verso i quali le organizzazioni criminali continuano a mostrare un forte interesse con l’obiettivo di riciclare i proventi illeciti. La circolazione delle opere d’arte non lascia traccia. Quella dell’arte è una scelta strategica ben precisa da parte della criminalità organizzata. Sculture, tele e affreschi garantiscono passaggi di denaro tra un gruppo mafioso e l’altro ed al riparo da qualunque rischio.
L’opera d’arte resta dove si trova, solitamente in un porto franco difficile da raggiungere, anche se cambia di proprietà formalmente. Si chiudono così affari milionari con una semplice firma ed una stretta di mano. Venditori e acquirenti si schermano così dietro nomi di cui è difficile ricostruire volti, rotte e provenienza.
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