La UIF – Unità di informazione finanziaria – è l’autorità indipendente con funzioni di contrasto del riciclaggio istituita presso la Banca d’Italia col decreto 231 del 2007.

Lo scorso 10/11/2020 la UIF attraverso una Comunicazione ufficiale pubblicata sul proprio sito internet ha aggiornato la descrizione di alcuni indicatori di anomalia, che potrebbero delineare un’operatività dell’impresa ad alto rischio riciclaggio – con obbligo di segnalazione per tutti i soggetti sottoposti.

I quattro schemi di anomalia

In concreto vengono delineati quattro comportamenti anomali collegati al fenomeno di riciclaggio:

1. Utilizzo o emissione di fatture per operazioni inesistenti.

Questo schema inerisce specificatamente i reati di dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti e di emissione di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti.

Rilevano, quindi, i seguenti fenomeni: l’inesistenza oggettiva, totale o parziale, delle operazioni, la sovrafatturazione nonché la riferibilità delle operazioni a soggetti diversi da quelli effettivi.

Nell’ambito delle suddette operazioni sono spesso coinvolte società costituite al solo fine di emettere fatture non corrispondenti a operazioni effettive, prive di dipendenti e di una reale struttura operativa e che non provvedono al versamento delle imposte dovute (cd. cartiere).

La UIF ha rilevato i seguenti settori imprenditoriali come maggiormente a rischio: edile, commercio di autoveicoli, beni a contenuto tecnologico, beni alimentari, trasporto su strada, carburanti, logistica, metalli preziosi, pulizia e manutenzione, materiali ferrosi, attività di consulenza e pubblicitarie.

2. Frodi sull’IVA intracomunitaria.

Le frodi sull’IVA intracomunitaria sono fenomeni strettamente collegati alle frodi fiscali di cui allo schema A, trattasi infatti di aspetti complementari che convergono in un complesso unitario di condotte illecite.

Analogamente a quanto accade per l’emissione di fatture per operazioni inesistenti, sono coinvolte in tali fenomeni le società c.d. cartiere che, sfruttando il principio secondo cui negli scambi intracomunitari l’IVA è applicata nello Stato di destinazione dei beni, acquistano beni da un soggetto residente in un diverso Paese europeo senza applicazione dell’imposta e, successivamente, li rivendono a un altro operatore nazionale, a prezzi più bassi rispetto a quelli medi di mercato e non effettuando il versamento dell’IVA addebitata al cessionario.

La UIF ha riscontrato che i beni oggetto di tali frodi, oltre a essere di elevato valore unitario e solitamente non deperibili, sono spesso a contenuto tecnologico e, più in generale, agevolmente trasportabili e di largo consumo, assoggettati ad aliquota IVA ordinaria (i.e. autoveicoli, carburanti e prodotti petroliferi, prodotti informatici, telefoni cellulari, elettrodomestici).

3. Frodi fiscali internazionali e altre forme di evasione fiscale internazionale

Le frodi fiscali internazionali e le altre forme di evasione fiscale internazionale sono realizzate nel settore dell’imposizione diretta e si sostanziano nel trasferimento e detenzione di attività economiche e finanziarie, nonché nel trasferimento della residenza all’estero. Il trasferimento fittizio della residenza in Paesi con regimi fiscali più favorevoli, ad esempio, consente di beneficiare indebitamente di una minore tassazione, nonché di indebite esenzioni o di risparmi di imposta.

Gli illeciti in oggetto sono spesso realizzati con il coinvolgimento di cd. “shell company” o di società interposte (cd. “conduit company”), prive di un’effettiva struttura organizzativa, la cui presenza è giustificata unicamente dal conseguimento, per il tramite delle stesse, di un vantaggio fiscale. Il trasferimento di risorse all’estero può, altresì, avvenire attraverso strumenti e forme di investimento complessi e innovativi, idonei ad occultare o ostacolare la riconducibilità di tali risorse al titolare effettivo delle medesime.

Vengono chiamate FRODE CAROSELLO: ecco un esempio pratico.

Pensiamo ad un fornitore comunitario che vende un bene alla società cartiera, ma fittiziamente, al prezzo di 100 euro.

La società cartiera, con sede in Italia, rivende il medesimo bene, fittiziamente, al soggetto cessionario nazionale allo stesso prezzo di 100 euro. Su questo importo però applica l’IVA al 22% poiché la compravendita di beni è passata in territorio italiano.

L’esborso totale per il cessionario nazionale è di 122 euro, ma solo apparentemente. L’operazione viene conclusa quando la società beneficiaria rivende alla società estera cedente gli stessi beni (al prezzo di 100 euro senza pagare l’IVA) applicando il sistema di vendita intracomunitario.

Con questa pratica ciascun soggetto paga ed incassa i 100 euro. La società nazionale invece ha pagato (solo apparentemente) 22 euro alla società cartiera. La somma di 22 euro non viene però versata all’erario perché la cartiera, ovviamente nè incassa il corrispettivo fatturato, nè tanto meno paga l’Iva o la dichiara.

Questo il vero scopo dell’operazione: permettere alla società beneficiaria di ottenere un credito Iva di 22 euro da questa operazione triangolare. Tale credito potrà essere compensato all’IVA che la società beneficiaria incassa dai propri clienti oppure essere richiesto sotto forma di rimborso dallo Stato.

4. Operatività connessa con la cessione di crediti fiscali fittizi e altri indebiti utilizzi

Questo schema investe l’operatività connessa alla cessione di crediti fiscali fittizi. La cessione dei crediti vantati nei confronti dell’Amministrazione finanziaria, infatti, consente di ottenere liquidità in tempi ridotti rispetto a quelli necessari per l’erogazione del relativo rimborso.

Le cessioni possono essere oggetto di frodi, connesse alla natura fittizia dei crediti ceduti e all’indebita compensazione degli stessi con debiti tributari, oneri contributivi e premi realmente dovuti dalle imprese cessionarie.

Tendenzialmente, il corrispettivo della cessione è notevolmente inferiore al valore nominale dei crediti e il relativo pagamento è regolato con modalità particolarmente vantaggiose per i cessionari.

Quando scatta l’obbligo di segnalazione

Gli obblighi di segnalazione di operazioni sospette (SOS) sono contenuti negli artt. da 35 a 41 del D.Lgs. n. 231/2007 nei quali, tra l’altro, si evidenzia che i professionisti inviano senza ritardo alla UIF, una SOS quando:

  • sanno, sospettano o hanno motivi ragionevoli per sospettare che siano in corso o che siano state compiute o tentate operazioni di riciclaggio o di finanziamento del terrorismo o che comunque i fondi, indipendentemente dalla loro entità, provengano da attività criminosa;
  • verificano il ricorso frequente o ingiustificato ad operazioni in contante, anche se per importi al di sotto del limite vigente tempo per tempo.

Occorre tenere presente che il verificarsi delle situazioni e comportamenti contenuti negli indicatori di anomalia non giustifica da solo l’obbligatorietà della segnalazione, perché le circostanze soggettive e oggettive riportate negli schemi, devono essere concatenate dal punto di vista logico e temporale, in modo da risultare funzionali a un’ipotesi di illecito fiscale.

Come rappresentato nella Comunicazione UIF sopra citata, l’evasione fiscale e il riciclaggio sono fenomeni strettamente collegati, in quanto in generale gli illeciti tributari (es. transiti su rapporti personali di operatività apparentemente commerciale, prelevamenti di denaro contante da rapporti aziendali) spesso sono inseriti in un contesto criminale più ampio, messo in atto per celare l’origine illecita delle risorse.

Contattaci per esaminare insieme le esigenze della tua Impresa e approfondire la conoscenza degli strumenti disponibili